Il ritratto che ho dentro

Aggiungere. O forse togliere. Oggi mi trovo ad un crocevia. E mi eccita.

Di certo avviene ora e non é stato prima. E un po’ ci rido. Perché é sempre stato presente in me. Prendete la mia foto “street photography” più conosciuta:

Ecco… non é un caso che la mia foto street sia essenzialmente un ritratto.

Io sono un ritrattista, se qualcuno avesse ancora dubbi. Ritrattista perfino in strada, nel casuale ed effimero.

E dunque oggi che sono piú conosciuto per la street photography, vi rivelo un sogno che ho e che sono determinato a compiere: diventare piú conosciuto per i ritratti.

Scrissi qui, proprio su fotoreportando, rispetto ad una foto di Efremi Raimondi:

Una fotografia che non chiede svolazzi autoriali ma piuttosto ci richiama alla normalità, allo scatto fatto mentre scorre vita. Ed è questa l’intimità più bella tra fotografo e fotografata. Un mettersi in gioco nel pieno di uno scatto realizzato senza set, senza chissà che luci e controllo delle stesse.

E allora si ti esponi, come fotografo che è prima di tutto persona. Come se la fotografia non è un atto da realizzare in un intermezzo di tempo ma è il tempo stesso, quello della vita che si produce giorno dopo giorno, ora dopo ora ora, minuto dopo minuto, istante.

Istante dichiarato nel tempo dello scatto, a suggerire immortalità e al tempo stesso precaria esistenza, fragilità dell’esistere.

Di cosciente ingenuità si parlava. Di quella cara a me.Del flusso di coscienza che non è esclusiva del fotografo di strada, anzi…

Sono qui e domani dove sarò, l’intenzione c’è. Mi sto muovendo.

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