Il ritratto e le necessità dell’autore

Il ritratto può essere anche il risultato di una genesi travagliata, di un percorso di conoscenza reciproco fatto in alcune ore. Che porta ad un prima e dopo, dove il dopo, in virtù del condiviso, diventa senza dubbio migliore del prima. Dove la fiducia è conquistata e allora si arriva ad un risultato che non è il compitino, non è una cosa pulitina e perfettina, ma piuttosto è l’affermazione dell’autore.

Arrivare a dire la mia. Mostrare il mio punto di vista. La mia idea è quella di realizzare da autore, perchè non sono uno che si limita. Non puoi venire nel mio studio e pensare che farò per te un semplice book, preparati a scavare dentro te stesso/a. Un percorso diverso, più difficile senza dubbio, ma siamo qui per fare arte, o almeno ci proviamo. bisogna provarci.

Se vedi la fotografia come mezzo e non come fine, ti renderai conto di come le cose cambiano. Tutto cambia.

Questo lavoro, quello della foto che vedete sopra, in particolare, é stato un processo difficile.

La fotografia fatta con lo stampino non mi interessa. Tanti continuano a ripetere cose e formule di tutti gli altri.

Ma quanto dell’autore viene fuori? Poco, spesso nulla. Ed é terribile.

La fotografia come linguaggio ha bisogno di essere personale, risultato di qualcosa che sgorga da dentro. La storia di queste due fotografie e la genesi che le ha prodotte…

La massificazione che viene celebrata non é positiva per niente. Io mi espongo facendo qualcosa da autore, prendendo decisioni non facili, anzi abbastanza complicate.

Non aspettatevi la scuola, l’accademia, il didattico. C’è vita e pure sofferta, se mi permettete.

Ricordo la gioia di queste due foto dopo tre ore di lavoro. Non fu facile, all’inizio. Ho registrato molto di più che due fotogrammi. Ho colto molto ma molto di più.

La ragazza si è aperta completamente. Mi ha confessato di una situazione familiare difficile. Ha pianto. Prima di dolore, poi di gioia. Dicono che i fotografi catturino l’anima. io non ci credo. Mi sembra più un luogo comune e una spacconata. Piuttosto noi fermiamo un dato momento, quel momento, magari si, quelle tre ore trascorse assieme lavorando, e dunque della persona ho, dalla persona ricevo, quanto sono disposto io ad accogliere. Noi fotografi non siamo psicologi ma, soprattutto nella fotografia di ritratto, dobbiamo essere persone con una certa sensibilità, con un reale interesse per gli altri, che porti gli altri ad aprirsi, a capire che di noi possono fidarsi. A patto di farlo in maniera disinteressata, non per prendere foto e basta. Ho visto come farsi fotografare possa essere terapeutico almeno quanto il fotografare. A volte, in certi casi, vale più che una seduta dallo psicologo, o almeno quanto quella.

Questa è fotografia per me.

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